Sentii
aprirsi il bagagliaio, scesi e mi guardai attorno. Stava facendosi buio, ma
riuscii a notare che ci trovavamo ai bordi di un bosco, sulla collina che
sovrasta la città. Mistress Pamela mi diede una piccola pala e mi disse:
“Fai un po’ di pulizia di questo fogliame;
voglio vedere la terra nera”.
Obbedii,
ripulii uno spiazzo dalle foglie finché non si vide la terra.
“Ora spogliati, riponi il grembiule nel
bagagliaio e distenditi, nudo, sulla terra”.
Eseguii
velocemente il tutto e, d’istinto, mi guardai attorno per vedere che non ci
fosse gente. Poi, come mi chiese Mistress Pamela, mi distesi sulla terra nera.
Lei si avvicinò e si mise a gambe aperte sopra il mio corpo, si alzò la gonna e
cominciò a pisciarmi addosso; poi mi puntò la punta dello stivale sul fianco
dicendomi:
“I vermi come te si arrotolano sulla terra.
Girati!”
Obbedii
e quando fui girato sentii la schiena inondata anch’essa di urina.
“Ora girati e rigirati più volte sulla terra
verme schifoso!!” furono le sue parole.
Eseguii
per filo e per segno finché non mi sentii ricoperto completamente di terrà. Mi
fermai solo quando vidi Mistress Pamela allontanarsi e dirigersi verso la
macchina da cui prese il borsone per poi riavvicinarsi a me. Non mi fu
difficile immaginare cosa contenesse quel borsone. All’improvviso sentii i
primi tuoni, avvisaglie di un temporale in arrivo. Tra me e me pensai che un po’
di pioggia mi avrebbe lavato e forse distolto la Mistress dal proseguire
nel suo gioco, ma la speranza presto si spense. Mistress Pamela aprì il
borsone, rovistò tra il contenuto e poi estrasse degli anelli simili a
portachiavi e dello spago; mi fece alzare e poi mi disse:
“Allarga bene le gambe!”
Mi
prese i testicoli e me li legò molto stretti con lo spago inserendovi 3 anelli,
poi me li “accarezzò” con la punta delle unghie, alzò la testa sorridendo
beffardamente e mi fece cenno di seguirla. Raccolsi il borsone e ci avvicinammo
al bosco; poi ad un tratto si fermò guardando 2 alberi di pino. Il temporale si
stava avvicinando rendendo l’atmosfera ancora più lugubre di quanto già non lo
fosse, ma al tempo stesso anche più eccitante. Avrei voluto che piovesse, ma
non si decideva proprio.
“Alza le braccia ed appoggia i dorsi delle
mani ai tronchi dei due pini” mi disse.
Mentre
mi accingevo a farlo, lei prese dal borsone un martello ed altri piccoli
oggetti; me li mostrò, erano dei chiodi a forma di U. Appoggiò il primo chiodo
alla base del mignolo della mano sinistra e con 2 colpi decisi del martello il
mignolo era fissato al tronco, poi ripeté la stessa operazione con il mignolo
dell’altra mano. Due soli chiodi erano sufficienti ad immobilizzarmi. Ad uno ad
uno anche le altre 8 dita furono inchiodate ai 2 tronchi di pino, mentre le
gambe furono legate con delle corde; ora mi sentivo proprio immobilizzato.
Mistress Pamela mi osservò da testa ai piedi sorridendo soddisfatta del lavoro
svolto; al termine mi disse:
“Certo che così sporco di terra fai proprio
schifo. Devo ripulirti”
Si
avvicinò al borsone e ne estrasse una frusta, poi avvicinandosi mi disse:
“Questa sarà utile per scrollarti tutta la
terra che hai addosso”
Iniziò
allora a frustarmi, prima la schiena e poi il davanti, ma la terra impiegò più
tempo di quanto auspicassi per staccarsi dal mio corpo. Le mie urla stavano
quasi per spegnersi a causa della poca energia rimastami addosso quando si
fermò, forse impietosita o forse no.
“Ora stai decisamente meglio, verme, ti ho
ripulito di un bel po’ di terra; al resto ci penserà la pioggia più tardi”.
Dicendo
questo si avvicinò al borsone (che sembrava senza fondo tanti erano gli oggetti
che conteneva) ed estrasse 3 bottiglie da 1,5 litri piene d’acqua.
Appena sotto i tappi, tramite dello spago, era fissati dei ganci.
“Hai sete?” mi chiese Mistress Pamela
“Si, Mistress” risposi con un filo di
voce
“Ti offrirei volentieri un po’ di
quest’acqua, ma mi serve. Coraggio, tra un po’ arriverà la pioggia e potrai
dissetarti” e scoppiò in una fragorosa risata.
Si
abbassò ed appese le 3 bottiglie ai 3 anelli inseriti nel laccio che teneva
stretti i testicoli. Mi sentii trascinato verso il basso da quel peso quasi
insopportabile. Poi si avvicinò al mitico borsone e ne estrasse un paio di
lunghi guanti neri, li indossò e poi si allontanò. Riuscii a malapena a
scorgerla mentre rovistava tra i cespugli come se cercasse qualcosa, poi il
buio e la lontananza mi impedirono di scorgerla. Tra me e me dubitai per un
momento che volesse lasciarmi lì. Durò una decina di minuti il silenzio attorno
a me, rotto ogni tanto dall’avvicinarsi del temporale. Ad un tratto sentii
nuovamente la sua voce alle mie spalle che mi chiedeva:
“Ti sono mancata, verme? Pensavi ti volessi
abbandonare qui?”
“Si, Mistress, mi è mancata ed ho avuto
paura che mi avesse abbandonato”.
“Povero cucciolo, ora ti coccolo e ti
accarezzo un po’. Sei contento?”
“Si Mistress”
Sentii
sulla schiena un leggero tocco vellutato e per un attimo pensai davvero che mi
volesse accarezzare, ma ben presto il mio corpo fu pervaso da un bruciore
sempre più intenso e fastidioso. Non riuscivo più a tenere fermo il mio corpo
ed il mio dimenarsi provocava l’oscillare delle bottiglie appese ai testicoli.
Il mix di dolore ai testicoli e bruciore sul corpo diventava sempre più
insostenibile ed implorai la
Mistress di fermarsi. Lei si fermò, venne davanti a me e mi
mostrò un mazzo di ortiche lungo oltre un metro.
“Ti sono piaciute le mie carezze?”
Riuscii
a rispondere solamente che sentivo la schiena che mi bruciava.
“Rispondi alla mia domanda!!!” urlò
quasi a squarciagola
Abbassai
la testa e le risposi di si anche se dentro di me pensavo esattamente il
contrario.
“Mi fa piacere che ti piacciano; allora
posso continuare, piacciono molto anche a me”
Si
avvicinò al borsone, estrasse un rotolo di nastro adesivo per pacchi e si
riposizionò alle mie spalle; sentii lo srotolarsi del nastro adesivo e subito
dopo nuovamente il bruciore alla schiena e quindi il nastro che fissava le
ortiche alla mia schiena; poi venne davanti a me, raccolse le ortiche
penzolanti e le fece passare tra le bottiglie fasciandomi in questo modo il
pene e l’inguine; prese il rotolo di nastro isolante e completò la fasciatura
del mio corpo con le ortiche. Sentivo il bruciore entrarmi dentro e ripresi a
dimenarmi e le bottiglie trascinarmi i testicoli verso il basso. La Mistress fece qualche
passo indietro e si mise ad ammirare entusiasta la scena.
“Basta, basta, la prego”, urlai, ma un
tuono più forte degli altri coprì le mie urla.
Ora
i lampi ed i tuoni si erano fatti più insistenti così come il bruciore
provocato dalle ortiche ed il dolore ai testicoli provocato dalle bottiglie
oscillanti. Ed erano sempre più insistenti anche i sogghigni di soddisfazione,
quasi orgasmica, della Mistress di fronte a questa che doveva apparire come una
scena quasi apocalittica. L’unica mia speranza era la pioggia ed infatti di lì
a poco iniziò a scendere; la mia speranza che la Mistress si impietosisse
e mi liberasse dalla mia crocifissione e dalle mie torture si trasformò in pura
illusione perché lei corse a ripararsi dentro la sua auto; accese il motore e
si avvicinò a me puntandomi addosso i fari. Poteva in questo modo continuare a
godersi tranquillamente lo spettacolo che aveva messo in scena mentre la
pioggia si era trasformata in un diluvio ed accese pure la luce interna perché
la potessi vedere mentre godeva di me.
Il temporale fu tanto intenso quanto breve e quando la pioggia smise di
scendere Mistress Pamela scese dall’auto con in mano un paio di tenaglie.
Staccò le bottiglie e le ripose nel borsone, poi strappò il nastro adesivo
liberandomi finalmente dalle ortiche ed infine mi liberò le mani dai chiodi;
aprì il bagagliaio e mi ordinò di entrarci, poi lo richiuse, salì in macchina e
rientrammo a casa. Il tutto nel più assoluto silenzio.
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