17/09/12

All'inferno e...Ritorno Capitolo 2: La nuova casa


Ci fermammo davanti ad una pizzeria ed entrammo. Non c'erano molti clienti; meglio così, pensai, così ci sbrighiamo prima. Ero troppo curioso di vedere che sviluppi avrebbe preso questa vicenda. La ragazza scelse il tavolo, di fronte a noi una coppia sulla trentina. Ordinammo le pizze e, nell'attesa, lei cominciò a chiedermi di me, della mia vita, dei miei problemi. Non era curiosa, anzi. sempre con discrezione e con gentilezza, senza disturbare. Io le raccontai tutto di me; in fondo mi avrebbe ospitato ed era giusto che sapesse tutto della persona che sarebbe entrata in casa sua. Lei mi ascoltò attentamente e pazientemente ed i nostri discorsi proseguirono anche dopo l'arrivo a tavola delle pizze. Iniziammo a mangiare, ma mentre io la stavo divorando - era dalla sera precedente che non mangiavo - lei la assaporava lentamente e mentre masticava fissava il suo sguardo su di me. Io facevo finta di concentrarmi sulla pizza ma in realtà avvertivo che mi stava trasmettendo dei messaggi, che si stava instaurando un feeling molto intenso. Ebbi la sensazione che sarebbe stata una notte indimenticabile. Ad un tratto mi accorsi che non mi ero nemmeno presentato e glielo feci notare scusandomi per la maleducazione.
"Piacere, mi chiamo Franco" le dissi.
"Piacere mio", rispose, "il mio nome è Federica". E scoppiammo entrambi in una risata.
"Gradisci il dolce?" le chiesi.
"Volentieri", mi rispose, "vado pazza per i profiteroles".
Ordinai allora i profiteroles per lei ed una porzione di tiramisù per me. Questa volta mi misi io a guardarla mentre li mangiava lentamente, assaporando la cioccolata. Era fantastica! Notai subito che non si puliva mai le labbra sporche di cioccolata con il tovagliolo, ma si passava lentamente la lingua e questo gesto era inequivocabilmente un segnale rivolto a me. Mi stavo eccitando solo nel guardarla passarsi e ripassarsi la lingua ed il solo pensiero che di lì a poco sarei stato solo assieme a lei mi faceva impazzire. Le litigate con la mia compagna, l'affannosa ricerca dell'appartamento erano ormai un ricordo. Volevo vivere queste giornate assieme a lei in totale serenità e spensieratezza.
La cioccolata si stava sciogliendo e non si fermava più solo sulle labbra, ma le scendeva fino al mento. Ad un tratto Federica mi disse:
"Saresti così gentile da pulirmi il mento?"
Istintivamente presi il tovagliolo e mi alzai per pulirla, ma lei mi fermò dicendomi:
"Ma che fai? Non con il tovagliolo, con la tua lingua".
Confesso che rimasi stordito. Riuscii solamente a mormorare:
"Qui? Davanti alla gente?"
Lei sorrise e mi rispose:
"Non ti piacciono le cose strane? Non ti piace essere trasgressivo?"
Imbarazzato le dissi: 
"In privato anche si, ma qui in un luogo pubblico...."
Poi buttai via il velo di timidezza che mi bloccava, mi avvicinai al suo mento e lo pulii dolcemente. Poi, già che c'ero mi avvicinai alla sua bocca, la baciai con la lingua facendole capire chiaramente che mi piaceva, che adoravo la sua trasgressione. Lei apprezzò la mia temerarietà dicendomi un "bene, bene" che lasciava pochi dubbi su quello che di lì a poco sarebbe accaduto.
Pagai il conto e fuggimmo verso le auto. In un attimo fummo davanti ad una villa isolata, nella periferia della città. Il cancello si aprì, entrammo e parcheggiammo davanti all'ingresso. Notai subito che le finestre erano protette all'esterno da griglie metalliche. Praticamente impossibile per qualunque ladro entrare. Confesso che l'emozione stava prendendo il sopravvento. Pochi attimi e saremmo stati soli. Scendemmo dalle rispettive macchine e Federica mi disse:
"Prendi tutta la tua roba ed entriamo in casa".
Non me lo feci ripetere 2 volte. In un attimo ero accanto a lei con le valigie in mano davanti alla porta di casa sua. Mi fece entrare, appoggiai a terra le valigie e la osservai in tutta la sua bellezza. Tanto ero stato veloce io ad entrare quanto lei fu lenta nel chiudere la porta. Girò altrettanto lentamente la chiave, la estrasse dalla toppa e la infilò in una fessura di una scatola metallica chiusa con un lucchetto e simile ad un salvadanaio. Confesso che quel gesto mi turbò non riuscendo a capirne il significato, il perché. Voleva che nessuno ci disturbasse o voleva che non potessi uscire di casa? A questi dubbi non seppi dare una risposta e quindi li lasciai perdere.
Dalla cucina mi disse:
"Accomodati pure... gradisci qualcosa da bere?"
"Grazie, è sufficiente un bicchiere d'acqua" fu la mia risposta.
Mi portò l'acqua e mentre la bevevo lei si posizionò dietro di me. Mi appoggiò le sue mani sulle mie spalle come per volermi massaggiare. Non potei fare a meno di lasciarmi andare.
"Bravo, rilassati ora" mi disse.
Poi venne davanti a me e da un cassetto del tavolo estrasse un pezzo di stoffa nero. Con movimenti lenti lo piegò in senso diagonale fino a formarne una benda con la quale mi coprì gli occhi e mi sussurrò all'orecchio:
"Preparati a trascorrere una notte indimenticabile; ora vieni con me".
Il mio cuore batteva a mille al solo pensiero di una notte sfrenata. Solo poche ore prima ero in preda alla disperazione perché ero in strada ed ora mi trovavo in compagnia di una ragazza bellissima e disponibile. Facevo fatica a crederci.
Mi prese per mano perché non cadessi e ci dirigemmo - immaginai io - verso la camera da letto. Sentii il rumore di una porta che si apriva, passammo oltre e poi il rumore della stessa che si richiudeva, la chiave girò nella toppa e poi udii un tintinnio metallico simile a quello che fece la chiave d'ingresso quando cadde nel salvadanaio. La cosa mi inquietò un pochino, ma non ebbi il tempo di ragionarci perché Federica mi fece accomodare su una sedia. Poi si sedette sulle mie gambe rivolta verso di me e cominciò a sfiorare le mie labbra con le sue. Stavo andando in visibilio e lei se ne accorse; mi disse solamente:
"Finalmente soli, Franco".
Poi la sua bocca continuò a perlustrare tutta la mia pelle mentre le sue mani cominciavano a sbottonarmi la camicia esponendo anche il mio petto ai suoi giochi di bocca. Accennai a togliermi la camicia del tutto, ma lei mi fermò:
"Sssss, fermo, lascia fare tutto a me. Ti dirò io quello che devi fare e quando lo devi fare".
Obbedii e mi fermai; lei invece proseguì finendo di sbottonarmi la camicia, poi me la tolse e quindi rivolse le sue attenzioni ai pantaloni. Slacciò lentamente la cintura, sbottonò la patta e quindi mi tolse del tutto i pantaloni lasciandomi praticamente solo in mutande. Il mio sesso era lì, già eretto, e lei lo accarezzò ulteriormente sopra gli slip. C'è mancato poco che raggiungessi l'orgasmo, ma lei si fermò per tempo lasciandomi con il colpo in canna.

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