Sentii
i suoi passi che si allontanavano da me, poi un rumore di cassetti che si
aprivano ed all'interno di essi rumori metallici che non riuscivo ad
individuare. Poi la sentii avvicinarsi nuovamente a me ed oltre ai suoi passi
sentii il rumore di un paio di forbici aperte e chiuse velocemente.
"Sai cos'ho in mano?" mi chiese.
"Certo - risposi - un paio di forbici; spero tu non voglia sgozzarmi".
"Tranquillo, non sono un'assassina e, poi,
qui a casa mia sarebbe da stupida ammazzare qualcuno".
Si
sedette nuovamente sulle mie gambe accarezzandomi con le forbici, le passò sui
capezzoli, già duri per l'eccitazione, e poi scese giù fino agli slip. Zac,
zac ed i miei slip erano spariti lasciandomi completamente nudo.
"Questi non ti serviranno più" mi
disse.
Cominciai
a preoccuparmi un po’ per la piega che aveva preso la storia. Io mi aspettavo
una notte di sesso ed invece vedevo le chiavi delle porte infilate in
salvadanai chiusi ermeticamente da lucchetti, sentivo rumori metallici alquanto
sospetti e forbici troppo vicine alla mia carne.
Tornò
a sedersi sulle mie gambe e riprese a sfiorarmi con le sue labbra e la cosa mi
tranquillizzò. Poi, improvvisamente sentii due lame metalliche avvolgere i miei
polsi e quindi un clik simile alla chiusura di un fermaglio. Altre
due lame poi mi serrarono le caviglie ed infine un'ultima lama
bloccò la mia gola. Federica si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio:
"Non devi temere, non devi avere paura di
nulla perché ora sei mio".
A
queste parole seguì un lungo ed intenso bacio ed al termine, quasi per
rassicurarmi ulteriormente mi ripeté le frasi appena dette:
"Non devi temere, non devi avere paura di
nulla perché ora sei mio".
Riuscii
a malapena a sussurrarle un tiepido "si".
Le
sue mani ora accarezzavano il mio petto, i miei capezzoli, ma stranamente
ignorava il mio sesso, quasi non le interessasse. Io invece avevo una voglia
matta di scoparla. Accennai a dirglielo, ma lei mi mise il suo dito indice
davanti alla mia bocca dicendomi:
"Sssss, non parlare, non rovinare
l'atmosfera che tanto mi fa eccitare".
Riprese
quindi con le sue carezze, con i suoi dolci tocchi, con i suoi leggeri morsi. Poi,
all'improvviso mi chiese:
"Ti piacerebbe leccarmi la fica?"
"Non aspetto altro, Federica" fu la
mia risposta.
Sentii un
ronzio indecifrabile, poi capii che si trattava di un telecomando che azionava
lo schienale della sedia. In pochi secondi mi ritrovai praticamente disteso, in
posizione orizzontale. Sentii i suoi passi allontanarsi. Capii che era andata
in bagno e la sentii fare pipì. Subito dopo ritornò verso di me, sentivo il
profumo del suo sesso e quindi nuovamente il rumore del telecomando. Questa
volta lo schienale si alzò finché la mia bocca sbatté contro la sua fica.
"Ora leccala" mi disse, "prima devi asciugarla e poi devi farla di
nuovo bagnare".
Cominciai
a leccarla dolcemente asciugandola dalla pipì. Non l'avevo mai leccata sporca
di pipì, era un po’ aspra ma eccitante assai. Continuai a leccarla finché lei
mi chiese:
"Ti è piaciuta la mia fica alla pipì?"
"Si", le risposi
"Ora tieni ferma la lingua, apri la bocca e
bevi tutto il mio nettare";
completò
la pisciata dentro la mia bocca facendomela bere poi mi disse:
"Adesso riprendi pure a leccarla".
Ripresi
a leccarla e questa volta sentivo anche le sue dita con le quali si masturbava.
I nostri movimenti divennero sempre più intensi finché raggiunse l'orgasmo ed
una fontanella riempì ancora la mia bocca dissetandomi con i suoi umori, la
sentii piegarsi in avanti ed appoggiarsi al mio petto dove si fermò per 5
minuti prima di sussurrarmi:
"Ti è piaciuto? Ti è piaciuto tutto? Ti è
piaciuta la mia pipì?"
"Si, cara" le sussurrai "mi è piaciuto tutto".
Riprese
ad accarezzarmi senza dire alcuna parola, poi, ad un tratto mi sussurrò
dolcemente all'orecchio:
"Bene bene, sono felice che ti sia piaciuto.
Allora possiamo continuare".
Non
capii immediatamente il significato di queste parole ma ci pensò lei a farmelo
capire. Si alzò dal mio petto, azionò il telecomando per rimettermi in
posizione da seduto e quindi si sedette nuovamente sulle mie gambe. Sentivo il
suo sesso ancora bagnato e pensai che forse ora finalmente avremmo scopato. Invece
per tutta sorpresa sentii nuovamente il rumore delle forbici e, quindi sentii
la punta della lama più acuminata premere contro la parte sinistra della mia
gola.
"Non avere assolutamente paura" mi
disse nuovamente intuendo il mio stato d'animo.
"Va bene", le risposi, ma non
andava bene un bel niente. Avevo una fottutissima paura.
Ma
non ebbi il tempo di ragionare perché lei cominciò a muovere le forbici tenendo
la punta ben premuta sulla mia pelle, attraversò trasversalmente il petto fino
a raggiungere il capezzolo sinistro. Sentii un dolore non fortissimo ma
comunque abbastanza acuto. Non so se le forbici mi avevano ferito o
semplicemente irritato la pelle. Giocò con la punta delle forbici sul mio
capezzolo e poi riprese il suo cammino, questa volta orizzontale verso il
capezzolo destro. Provai nuovamente dolore e questa volta accennai ad un
lamento. Lei mi mise la sua mano dolcemente sulla bocca come per dirmi di non
fiatare. Io capii e smisi di lamentarmi.
Dopo
aver giocato con il capezzolo destro trascinò la punta delle forbici verso il
mio sesso, senza però toccarlo. Si fermò nella parte sinistra della zona
inguinale, mentre la sua bocca si fermò sui capezzoli, a leccarli, a
mordicchiarli, poi con le forbici riprese il percorso dalla parte sinistra
della gola fino al capezzolo destro per poi scendere direttamente fino alla parte
destra dell'inguine. Sentii che appoggiò le forbici e poi mi chiese:
"Con le forbici ho tracciato sul tuo corpo
due lettere dell'alfabeto. Mi sai dire quali sono?"
Mentre
le forbici tracciavano un solco sul mio petto a tutto pensavo fuorché
all'alfabeto e quindi le risposi di no.
"Ora fai più attenzione, non ti sarà
difficile individuarle".
Sentii
un accendino accendersi, dopo un minuto il calore di una fiamma.
"Non vorrai mica bruciarmi" le
dissi.
"Tranquillo, è solo un cero. Un po’ grosso,
ma solo un cero."
Sentii
le prime gocce di cera sul mio collo per poi proseguire verso il capezzolo
destro ripercorrendo tutto il tragitto fatto dalle forbici. La cera mi faceva
male anche perché la parte era la stessa che aveva subito la punta delle
forbici. Quando arrivò all'inguine destro mi chiese che lettera avesse
disegnato.
"Credo una S", le risposi.
"Bravo, risposta esatta", commentò.
Poi
ripeté il secondo percorso, dalla parte sinistra della gola fino al capezzolo
destro in modo curvo e poi giù in verticale fino all'inguine. Le ultime gocce
di cera le sparse dal capezzolo destro a quello sinistro tracciando un segno
orizzontale.
"Ed ora quale lettera ho disegnato",
mi chiese.
"Credo una F", le risposi.
"Sei proprio bravissimo. Ti ho disegnato
prima con le forbici e poi con la cera una S ed una F. Sai cosa significano?
La
mia mente era troppo presa dagli avvenimenti e dal dolore che avevo provato con
le forbici e con la cera per poter ragionare.
"Non saprei", le risposi.
Un lungo
silenzio precedette le sue parole. Poi con voce dolce, ma decisa esclamò:
"Significano che da questo momento sei lo
SCHIAVO di Miss FEDERICA".
Mi
tolse la benda perché volle vedere la mia espressione dopo aver udito quelle
parole.
La
guardai negli occhi e vidi una luce diversa da prima che fossi bendato. Esprimevano
un misto di felicità e di crudeltà. Poi guardai il mio petto. I segni delle
forbici erano evidenti come era evidente la cera che aveva arrossato la pelle. Potei
notare la S e la F che mi aveva disegnato.
Mi
liberò i polsi, le caviglie e la gola. Accennai solamente ad un "ma". Lei mi zittì subito
dicendomi:
"Non ci sono se e non ci sono ma. D'ora in
avanti sarai il mio schiavo. Ora seguimi".
La
sua voce si era fatta improvvisamente meno dolce. Era decisa, severa, al limite
dell'arroganza. Non ebbi il coraggio di replicare, ma solo di obbedire. Ci
avvicinammo alla porta che dava al soggiorno, mi mise nuovamente la benda. Sentii
un clic, poi la chiave che avrebbe riaperto la porta. Entrammo in soggiorno, mi
ritolse la benda e mi disse:
"Raccogli le tue valige che ti accompagno
nella tua stanza".
Obbedii
senza replicare, la seguii finché entrammo in una stanza dove c'era un armadio,
nemmeno troppo grande e, stesa a terra, una coperta.
"Questa sarà la tua camera e quello sarà il
tuo letto", indicandomi la coperta.
Poi
uscì, chiuse la porta della mia camera a chiave e rimasi solo. Ero nudo
raggomitolato sulla coperta a pensare, riflettere. Tra me e me dicevo:
"Ma dove cazzo sono finito? Sognavo
una scopata e mi ritrovo tra le mani di una sadica padrona". Nel
contempo però avevo in mente anche i suoi dolci baci, le sue carezze, la sua
sensualità perversa ed allora mi eccitavo. Inconsapevolmente scoprivo lo
schiavo che era dentro di me ed allora potei apprezzare l'incontro con la mia
Padrona. Con questi pensieri mi addormentai. Fu la mia prima notte da schiavo.
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