Rientrati
a casa, Mistress Pamela scese dall’auto, aprì il bagagliaio e mi fece scendere;
poi, indicandomi una porticina, mi disse:
“Apri quella porta, c’è un bagno di
servizio, fatti una doccia e quando hai finito suona il campanello. E, mi
raccomando, non toglierti assolutamente il laccio ai testicoli”.
Obbedii
in silenzio; avevo proprio bisogno di una doccia rigeneratrice, anche perché,
dopo il temporale, la temperatura si era rinfrescata. Mentre facevo la doccia
pensavo a quando sarei uscito da questo inferno in cui mi ero infilato; poi,
pensando al fatto che ero senza casa, i miei pensieri si rinchiusero di nuovo e
pensai solamente a non far arrabbiare l’amica della mia Padrona, anche perché
mi sembrava che il temporale l’avesse messa di cattivo umore. Ovviamente
speravo di sbagliarmi e che finalmente avrei potuto riposare. Finii velocemente
la doccia e suonai il campanello aspettando che Mistress Pamela venisse ad
aprirmi la porta interna. Sentii il rumore della chiave e poi la porta si aprì;
davanti a me si presentò Mistress Pamela con in mano il collare ed il
guinzaglio. Si era cambiata d’abito, ma era sempre vestita di nero dalla testa
ai piedi. La cosa lasciava presagire che non era ancora arrivata l’ora del
riposo. Prima che me lo ordinassi chinai verso di lei il mio capo, mi mise il
collare e poi mi trascinò all’interno tramite il guinzaglio.
Ci
avvicinammo ad una porta, Mistress Pamela mi guardò e mi disse:
“Credo che tu non abbia mai visto quello che
c’è dietro questa porta”.
In
effetti lo spettacolo che mi si presentò agli occhi era unico ed allo stesso
tempo affascinante. Una scala a chiocciola in pietra ci avrebbe portato in
quella che immaginavo fosse una cantina; anche le pareti erano in pietra a cui
erano appese delle torce, di corrente elettrica non c’era alcuna traccia. Fatte
le scale, arrivammo in un ampio stanzone, illuminato anch’esso dalle torce ed
attrezzato magnificamente per sessioni sado-maso: una gogna, una croce, una
gabbia, diverse fruste appese alle pareti e varia attrezzatura in ferro e
cuoio. E poi un tavolo, non molto alto su cui mi fece sdraiare e poi mi disse:
“Vedi come sono ben attrezzata? Potrei
divertirmi tutta la notte con tutti questi giocattoli, ma ho voglia di
sperimentare questo nuovo tavolo che mi ha appena consegnato il mio falegname
di fiducia. Se non funziona, domani, al posto tuo ci metterò lui”.
Si
mise al fianco del tavolo e, dopo averne fissato una linea che lo divideva praticamente
a metà, mi fece spostare verso l’alto di qualche centimetro.
“Ora sei posizionato bene” disse
soddisfatta “e vediamo se questo nuovo
giocattolo funziona come deve”.
Mi
strinse i polsi e le caviglie con le cinghie fissate al tavolo e verificò attentamente
che fossero tanto strette da non poter scivolare; poi venne al mio fianco e da
sotto il tavolo estrasse una specie di consolle con diversi pulsanti; la
osservò per alcuni istanti e mal celando un sorrisino premette il primo
pulsante.
Sentii
che il tavolo si stava lentamente aprendo ed allungando e nel contempo si stava
altrettanto lentamente alzando alla testa ed ai piedi; sentivo che i polsi e le
caviglie cominciavano a tirare. Il movimento del tavolo era lentissimo, quasi
impercettibile, ma i polsi e le caviglie cominciavano a farmi male, li sentivo
tirare. Ad un tratto il tavolo si fermò e vidi la Mistress andare sotto di
esso all’altezza dei miei fianchi.
“Bene bene, disse soddisfatta; le misure sono giuste ed i tuoi testicoli
si trovano proprio sopra l’apertura del tavolo; si tratta solo di farli entrare”
e scoppiò in una risata soddisfatta. Aprì il solito borsone e prese le 3
bottiglie colme d’acqua e le appese agli anelli. Mi sentii trascinare verso il
basso, come inghiottito dalla fessura del tavolo. Mentre la Mistress riemergeva io
ripiombavo nel dolore. Lei vedendo la mia smorfia si avvicinò al mio viso e,
ridendo mi disse:
“Questo è solo l’inizio bello mio; lo
spettacolo deve ancora iniziare”.
Quelle
parole, lo confesso, mi inquietarono assai perché non capivo cosa mi
attendesse, ma bastarono pochi minuti per prenderne coscienza. Mistress Pamela
afferrò la consolle e premette il secondo pulsante; sentii i morsi ai polsi ed
alle caviglie allentarsi e fu per me un sospiro di sollievo ma ad un tratto
sentii un dolore lancinante ai testicoli. Lanciai un urlo animalesco e di colpo
il tavolo si riaprì di quel tanto che bastava per liberare i testicoli da
quella morsa infernale. Era stato un dolore indicibile e sentivo il sudore
scendermi dalla fronte. Mistress Pamela mi si avvicinò e, forse impietosita, mi
asciugò con un panno e ad un orecchio mi sussurrò:
“Ora inizia il bello” e rise a
squarciagola
Cosa
stesse architettando non lo immaginavo proprio, ma ero certo che entro pochi
minuti ne avrei saputo di più. Riprese in mano la consolle, premette nuovamente
il primo pulsante, quello che apriva il tavolo, si avvicinò al mio viso e mi
disse:
“Ora lo farò tirare finche non ti vedrò
piangere dal dolore”.
Il
tavolo si apriva lentamente, ma inesorabilmente e cominciavo ad avvertire
dolori in tutte le articolazioni, non solo ai polsi ed alle caviglie
immobilizzati. A poco a poco il dolore diventò intensissimo e quando fu insostenibile
iniziai ad urlare ed a supplicare la Mistress affinché mi liberasse da quella
terribile prigione.
Lasciò
che le mie urla diventassero quasi animalesche prima di bloccare il terribile
tavolo, ma il dolore continuava a pervadere tutto il mio corpo e tutte le
articolazioni.
“La prego, Mistress, chiuda il tavolo, non
ce la faccio più” fu l’estrema mia supplica.
“Tranquillo, pochi secondi e ti allenterò la
morsa” mi rispose.
Nel
frattempo la intravidi con la consolle in mano e piegata all’altezza del mio
sesso; sentii un brusio diverso da quello sentito finora. Poi un altro ed un altro
ancora; non feci in tempo a contarli ma furono circa una decina, mentre la mia
testa si dimenava dal dolore.
“Ora chiudo il tavolo, sei contento?”
“Si, Mistress, la ringrazio”
Sentii
il tavolo chiudersi così lentamente come quando si aprì, ma all’improvviso un
mio urlo di dolore squarciò la stanza. Sentivo il mio sesso perforato da 100
aghi, quasi avvolto.
“Noooo” urlai “mi liberiiiiii”
“Va bene, ora riapro il tavolo” mi
rispose la Mistress.
Il
tavolo si aprì nuovamente ed il dolore si spostò dal mio sesso alle
articolazioni fino a farmi urlare nuovamente.
“Ti piace il mio nuovo giocattolo, verme?”
“Nooo” le urlai, quasi in faccia
“A me tantissimo e voglio giocare a lungo”
e scoppiò in una lunga risata.
Riprese
il movimento di chiusura fino a quando il dolore al sesso non mi fece
nuovamente urlare e quindi il percorso inverso, ma la sostanza non cambiava.
Sentivo dolori atroci sia a tavolo chiuso che aperto ed il gioco andò avanti
per un lasso di tempo indefinibile. Le lacrime scendevano copiose lungo il mio
volto e quasi non avevo più la forza di urlare quando sentii la voce della
Mistress che mi sussurrava:
“Mi sono divertita un casino a sentirti
urlare ed ho goduto intensamente; ora ti libero”.
Con
voce fioca riuscii a rispondere solamente: “Grazie Mistress”.
Prima
i ronzii di quelli che dovevano essere chiodi o aghi, poi mi tolse le bottiglie
ed infine la chiusura del tavolo posero fine a quell’incredibile tortura. Mi
slacciò i polsi e le caviglie, mi fece rilassare qualche minuto e poi,
trascinandomi al guinzaglio mi fece entrare dentro la gabbia chiudendo la porta
a chiave e lanciandomi dentro 2 sacchi di iuta.
“Queste saranno le tue coperte e quel buco
che vedi lì, all’angolo, sarà il tuo bagno. Buonanotte”.
Passò
diverso tempo prima che riuscissi a prender sonno, poi la stanchezza ebbe il
sopravvento sul dolore e gli occhi si chiusero per un meritato riposo.
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