17/09/12

All'Inferno e...Ritorno Capitolo 1: Il palazzo


Due settimane, due maledettissime settimane erano passate da quel 1° agosto quando la mia compagna mi aveva "sfrattato".
"Hai 15 giorni di tempo per trovarti un'altra casa" mi urlò al termine dell'ennesimo litigio.
Ho passato in rassegna quasi tutti i giornali di annunci per trovare in affitto un appartamento ammobiliato ma nulla che potesse fare al caso mio. Ieri sera ho finito di preparare le mie cose nelle valigie e nelle borse, caricato tutto in auto ed ora, in pieno ferragosto mi trovo praticamente per strada, rassegnato a rifugiarmi in qualche pensioncina da pochi soldi perché non so quanto durerà l'emergenza. Fuori fa un caldo mostruoso, la città è deserta e, tra me e me, penso "dove cazzo la trovo una casa a ferragosto?"
Tutti i proprietari saranno in vacanza, spaparanzati sulla sdraio in spiaggia. Io invece in auto a cuocermi nel caldo cittadino tra mille pensieri sul passato, sul presente, ma soprattutto sul futuro, nero come la notte. Notte che si avvicinava a grandi passi, mentre io non avevo nemmeno idea di dove l'avrei passata. Avevo sete e tutti i bar e negozi della zona erano chiusi. Mi ero scordato che a ferragosto nessuno lavora e nemmeno il mio cervello riusciva a lavorare per trovare una soluzione a questo casino in cui mi ero ficcato. Maledire il passato non sarebbe servito, se avessi pensato al futuro avrei speso gli ultimi soldi per comprare una pistola e farla finita. No, meglio pensare al presente e vediamo che succede. Passai davanti ai giardini pubblici la cui fontanella mi sembrava l'unico ristoro accessibile, per giunta gratuito. Mi risciacquai il viso, mi dissetai con l'acqua fresca e poi mi sedetti nella panchina lì a fianco. L'occhio mi cadde su un portagiornali dove vengono lasciate le riviste di annunci. Quella testata non l'avevo mai vista in città e ne presi una copia più che altro per passare il tempo e per utilizzarlo come ventaglio che per la speranza di trovare qualcosa di interessante. Cominciai a leggere gli annunci, ma erano sempre gli stessi. Tutti gli appartamenti erano privi dei mobili. "Ma dove cazzo mi preparo il caffè", urlai dentro di me, "se non ho una cucina?" Poi, improvvisamente, mi apparve la luce, quando lessi un brevissimo annuncio, nascosto in coda a tutti gli altri, buttato lì quasi per occupare uno spazio vuoto del giornale e che diceva "AAA affittasi appartamenti ammobiliati, di diverse metrature. telefonare al n. xxxxxxxxxx". Già, ma c'era sempre il problema della festività che mi avrebbe impedito di risolvere il mio problema in giornata, ma almeno avevo in mano un contatto ed era già un buon punto di partenza.
Pensai - ma più che altro mi sembrava un'illusione - magari il proprietario è una persona anziana che non ama andare in spiaggia e che è rimasto in città. Composi il numero, mal celando una certa trepidazione, e mi rispose una voce femminile, garbata, all'apparenza giovanile. Le spiegai il motivo della chiamata e con mio grande stupore mi rispose che avremmo potuto vederci anche subito. Mi chiese dove mi trovassi; i giardini pubblici non erano distanti da lei per cui mi disse di aspettarla lì. Mi sembrava troppo bello poter quanto meno visionare alcuni appartamenti già il giorno di ferragosto.
Passarono 5 minuti ed una Porsche nera sfrecciò lungo il viale fermandosi proprio davanti ai giardini. Scese una ragazza poco più che ventenne, si avvicinò e mi chiese se ero io la persona che l'aveva chiamata per gli appartamenti. Al mio assenso mi fece cenno di seguirla. Volai in auto e la seguii cercando di non perderla di vista. La mia utilitaria faceva fatica a tenere il passo della sua auto sportiva, ma tutto andò bene perché il viaggio durò pochissimo. Scendemmo dalle rispettive macchine parcheggiate davanti ad un palazzo di una decina di piani, ma il mio sguardo era distolto dalla bellezza della ragazza. Non molto alta, mora, abbronzata. Un elegante vestito rosso metteva in evidenza un corpo perfetto e 2 gambe mozzafiato. Il mio cervello era un frullato di pensieri e solo il suo richiamo alla realtà contribuì a metterlo sulla retta via.
"Ecco, questo è il palazzo con i miei appartamenti" mi disse con voce decisa, ma allo stesso tempo gentile. "Vogliamo salire?" – aggiunse - ed io risposi di si anche se i miei pensieri ed il mio sguardo erano rivolti a lei.
Era uno strano palazzo, costruito per 3 piani in muratura e per il resto con pareti di metallo e vetro. Chiamammo l'ascensore, ma non si aprì, era guasto. Salimmo le scale fino al primo piano.  L'aria condizionata non rese pesante la salita, anzi, mi sembrò di vivere in paradiso rispetto ai 40 gradi dell'esterno. Lei bussò ad una porta, questa si aprì ed apparve l'inquilina. La proprietaria chiese il permesso di entrare perché voleva farmi vedere com'erano strutturati gli appartamenti. L’inquilina, molto gentilmente ci fece entrare, mi salutò con un sorriso e mi diede la mano. Oltre a questa inconsueta gentilezza nei confronti di uno sconosciuto, di lei mi colpì una strana collanina, simile ad un collarino stretto, di color rosa, con incise una S ed una F maiuscole. Ben presto però il mio sguardo si rivolse verso la stanza ed i relativi mobili. In fondo era la cosa che più mi interessava. Rimasi a bocca aperta! C'erano tutti i comfort che si potessero immaginare. Non mi servì vedere nessun'altra stanza. Il soggiorno e la cucina, elegantemente arredati ed ottimamente climatizzati, erano sufficienti per farmi pensare che avevo trovato casa.
Uscimmo nel corridoio e le manifestai tutto il mio apprezzamento, ma anche la mia paura circa il prezzo che avrebbe potuto costare. La risposta che la ragazza mi diede fu agghiacciante:
"Il problema non è il prezzo, 600 euro mensili, ma è il fatto che tutti gli appartamenti del piano sono occupati".
Che sfortuna pensai tra me e me. Salimmo le scale e la scena si ripeté. Il costo degli appartamenti del 2° piano era di 700 euro ma pure quelli erano tutti occupati. Erano meno belli rispetto a quelli del primo piano, ma dignitosi.
Salimmo al 3° piano, entrammo e vidi che gli appartamenti erano maltenuti con mobili molto vecchi. L'ottimismo iniziale stava lasciando il posto a molte perplessità, anche in virtù del fatto che il loro prezzo era di 800 euro. Tuttavia, essendo tutti occupati il problema non si poneva. Salimmo al 4° piano, il primo con le pareti di vetro. Non c'era traccia di aria condizionata e la temperatura era, se possibile, ancora più alta che all'esterno. Il sole picchiava sulle pareti di vetro e la parte in metallo era bollente. La ragazza aprì una porta, senza bussare, perché l'appartamento era vuoto. I mobili erano in uno stato ancora peggiore che al piano di sotto, ricoperti dalla polvere spessa un centimetro, sporcizia ovunque. La ragazza notò che non ero entusiasta, ma le chiesi ugualmente il prezzo; la sua risposta mi tolse gli ultimi dubbi.
"Il costo di questi appartamenti è di 1000 euro".
Ero rimasto senza fiato e senza parole. Non potevo credere che un appartamento fatiscente costasse 1000 euro mentre quelli al primo piano, nel lusso, costavano poco più della metà.
Uscimmo dall'appartamento per affrontare nuovamente le scale quando io la fermai chiedendole:
"Ma gli appartamenti ai piani superiori sono sempre peggio di quelli sottostanti?"
La ragazza mi rispose in modo chiaro e sincero:
"Si, più si sale e peggiore è la qualità degli appartamenti. Vede, il palazzo l'ho acquistato così e se affittassi i piani alti in rapporto alla loro qualità, il palazzo si riempirebbe di gente malfamata, di drogati, di extracomunitari, facendomi scappare anche le persone per bene".
Il suo ragionamento aveva la sua logica, ma intanto il mio problema era ancora lì, irrisolto. La ragazza mi chiese se avevo intenzione di fermarmi. Le risposi che non ce l'avrei mai fatta a vivere in un appartamento così malmesso ed oltretutto ad un prezzo esagerato rispetto alle mie possibilità. Riuscii ad aggiungere solamente la parola "rinuncio", piegai il viso e mi misi a piangere. La ragazza capì la mia situazione di estrema difficoltà mi si avvicinò, mi diede una carezza e mi chiese:
"Non ha un letto per dormire questa sera?"
A malapena le risposi di no, continuando nel mio pianto.
"Non piangere" mi disse. "Se ti va, posso ospitarti per qualche giorno a casa mia. Il tempo di trovare una soluzione al tuo problema. Contatterò degli amici che forse potranno aiutarti".
Come un bambino smisi di piangere e risposi:
"Davvero?"
"Certo, dai, seguimi che è ora di cena".
Scendemmo le scale, salimmo in macchina e partimmo in direzione di casa sua. Tra me e me pensavo "magari le piaccio e ci scappa pure una scopata. Per quale altro motivo mi avrebbe ospitato a casa sua? In fondo nemmeno mi conosce, potrei essere un delinquente. Uno sconosciuto lo porti in casa solo se ti va di scoparlo".
Evidentemente il caldo e l'avvicendarsi di emozioni contrapposte avevano fuso il mio cervello, però stavo bene... molto bene e questa era la cosa più importante.

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