La
mattina seguente fui svegliato bruscamente dalla Padrona.
"Sbrigati ad alzarti e seguimi in cucina"
furono le sue parole.
Educatamente
risposi "buongiorno Federica".
"Iniziamo male la giornata, schiavo",
fu la sua replica, "ma ne
riparleremo più tardi".
Non
capivo il motivo della sua insofferenza, forse perché ero ancora addormentato,
ma la seguii in cucina, come mi aveva ordinato, nudo come mi aveva
lasciato la sera prima. Aprì un cassetto dall'armadio ed estrasse un grembiule
da cucina. Sulla sedia era già appoggiato un collare simile a quello dei cani. Lo
prese in mano assieme al grembiule e mi chiese:
"Quando riprendi il lavoro?"
"Il primo di settembre", le risposi.
"Bene, quando andrai al lavoro dovrai essere
vestito in modo ineccepibile, così come ti vestivi quando abitavi a casa della
tua troia. Quando rientri qui, gli unici tuoi abiti dovranno essere questo
collare e questo grembiule e null'altro. Avanti indossali!"
Li
indossai e, guardandomi così acconciato, mi vidi buffo. Lei invece mi apprezzò,
dopo di che mi ordinò di prepararle il caffè. Presi la caffettiera, preparai il
caffè e poi la posai sulla fiamma del gas. Mentre aspettavamo mi diede alcune
disposizioni:
"Ogni mattina, alle 7, voglio il caffè
a letto con una punta di cucchiaino di zucchero. Vedi di osservare bene quanto
ne metto oggi perché se mi prepari un caffè troppo dolce o troppo amaro per te
saranno guai. Inoltre, nei giorni in cui non andrai a lavorare, dovrai
provvedere alla pulizia della casa. Siamo intesi?"
"Si", risposi tiepidamente.
Nel
frattempo il caffè era pronto. Presi il piattino, il cucchiaino e la
tazzina e lo versai. Le porsi la zuccheriera e feci molta attenzione a
quanto zucchero metteva. Era proprio una punta di cucchiaino, praticamente
quasi amaro. Lo sorseggiò quasi tutto lasciandone pochissimo nel fondo della
tazzina e poi disse:
"A te piace macchiato, vero?"
"Veramente lo prendo sempre liscio"
fu la mia risposta.
"Bene, anzi, male. D'ora in avanti lo berrai
sempre macchiato. ok?"
Dicendo
queste parole afferrò la tazzina e sputò dentro diverse volte fino a quando il
colore del poco caffè si fosse schiarito.
"Ecco la tua colazione! Ogni mattina caffè
macchiato", mi disse accennando ad una risata.
Lo
bevvi tutto d'un fiato e la cosa non mi fece schifo, anzi. Era un modo come un
altro di attingere a lei, berla, apprezzarla; poi accennai timidamente:
"Miss, non ho mai fatto lo schiavo, non so
se sarò all'altezza della situazione".
Lei
mi guardò ed il suo sguardo fu come un lanciafiamme. Capii che l'avevo fatta
grossa. Lei non obiettò ma si limitò a dire:
"Seguimi!!"
La
seguii tremolante di paura e quando la vidi indirizzarsi verso la stanza dove
avevamo trascorso la serata precedente la paura diventò terrore.
"SIEDITI E TOGLITI IL GREMBIULE!!!"
fu il suo ordine e poi aggiunse: "Vedo
che le 2 lettere dell'alfabeto di ieri sera non ti sono entrate bene in testa.
Bisogna appuntarle meglio".
Mentre
proferiva queste parole aprì un cassetto ed estrasse una scatolina metallica e
due bracciali in pelle con annesso un anello metallico. Mi applicò i bracciali
ai polsi e poi aggiunse:
"I comandamenti che lo schiavo deve
assolutamente rispettare sono pochi, sono solo 2: il primo recita LA MISS COMANDA , ed il
secondo LO SCHIAVO OBBEDISCE. Hai capito ora?"
Quelle
parole scandite con assoluta forza e severità mi erano entrate eccome. Risposi
come si conviene ad uno schiavo:
"Si Miss, ho capito perfettamente. Lei
comanda ed io obbedisco".
"Vedo che cominciamo a ragionare, ma voglio
essere sicura che tu abbia capito che a comandare sono solo io, Miss Federica,
per cui voglio appuntare bene la S
e la F "
Non
capii cosa volesse dire con la parola appuntare. Prese la scatolina metallica e
si mise dietro di me in modo che non la potessi vedere. Sentii solo il rumore
della scatolina che si apriva. Mi disse di chiudere gli occhi poi lei cominciò
ad accarezzarmi i capelli per poi scendere lungo il petto. Mi prese i capezzoli
e me li strinse sino a farli ingrossare. Poi all'improvviso sentii una
stilettata molto dolorosa. Istintivamente aprii gli occhi e vidi la testa di
uno spillo. Mi aveva infilzato un capezzolo. Lei non mi rimproverò per aver
aperto gli occhi, anzi, mi disse:
"Ora che hai visto quello che ti ho fatto ad
un capezzolo ti do il permesso di ammirare quello che farò all'altro".
La
vidi prendere un altro spillo, afferrare l'altro capezzolo e ripetere
l'operazione. Un'altra fitta dolorosa pervase il mio petto. Poi si allontanò
dalla sedia, la vidi armeggiare attorno ad una manovella che governava una
carrucola e vidi calare dal soffitto una catena con un gancio.
"Alzati in piedi, vieni qua".
Obbedii
senza fiatare. Mi avvicinai a lei, mi prese i polsi e fece passare il gancio ad
entrambi gli anelli. Poi ritornò verso la manovella ed iniziò ad azionarla. Lentamente,
ma inesorabilmente le mie braccia si alzarono. Si fermò un attimo quando ero
praticamente in punta di piedi, sogghignò e poi diede un ultimo giro. Ora ero
sollevato da terra ed appeso come un salame.
"Rimarrai appeso con gli spilli appuntati finché
non torno. Nel frattempo guardati attorno e vedi quanti begli oggetti ci sono
in questa stanza. Tutti per il nostro, anzi MIO, divertimento".
Dicendo
queste parole prese il mio corpo all'altezza della vita e lo fece girare come
una trottola in modo tale che potessi vedere tutte le pareti, poi uscì dalla
stanza. La sera prima, dolorante, ero uscito a testa china e non avevo nemmeno
notato tutto il ben di dio appeso alle pareti o appoggiato sui mobili. Fruste
di diverse dimensioni, corde, catene, ceri e candele varie. Ad una parete
c'erano due tavole poste ad X con alle estremità 4 bracciali in pelle simili a
quelli che avevo addosso ai polsi. E poi, falli artificiali, strani oggetti
metallici di cui ignoravo l'esistenza e l'uso che si potesse fare. Non oso
immaginare cosa ci fosse all'interno dei mobili. Il mio corpo smise di girare
quando di fronte a me c'erano tutte le fruste. Nel mentre i capezzoli mi
facevano sempre più male ed anche i polsi cominciavano a soffrire del peso che
dovevano sostenere. Passò un buon quarto d'ora prima che la Miss rientrasse in stanza
dicendo:
"Vediamo vediamo dove la sorte ha fatto
fermare il tuo sguardo". Un sorriso sarcastico accompagnò la vista
delle fruste che si trovavano proprio di fronte a me. Si avvicinò alla parete e
ne prese in mano una. Tra me pensai: speriamo che abbia preso quella meno
dolorosa. Si avvicinò e mi disse:
"Questa mattina mi hai dato il buongiorno in
modo scorretto ed ora devo punirti. Tu hai scelto di fermarti davanti alle
fruste ed eccomi qua, ma non so dove frustarti. Sul petto? Sulla schiena? Sulle
natiche? Sul tuo sesso? Facciamo un bel gioco".
Mi
prese e mi girò nuovamente come una trottola, poi afferrò nuovamente la frusta
e mi diede una sferzata all'altezza della vita. Sentii un dolore atroce
avvolgere tutto il mio corpo. Girando, infatti, la frusta mi aveva colpito sia
davanti che dietro che ad entrambi i fianchi. Reclinai la testa dal dolore
sperando che tutto fosse finito lì. Fortunatamente la vidi indirizzarsi verso
la manovella, mi fece scendere a terra, mi liberò i polsi e tolse gli spilli. Disse
solamente poche parole:
"Sono certa che la S e la F ora sono appuntate bene nella
tua mente".
Rimisi
il grembiule e, dolorante, la seguii in cucina. La vidi prendere la sua
borsetta e mi salutò dicendomi:
"Ora devo andare con 2 amiche in città. Non
pranzo a casa. Rientrerò assieme a loro nel primo pomeriggio. Voglio
presentarti anche a loro. Durante queste ore riposati pure sul divano perché
nel pomeriggio ti voglio in massima forma".
Chiuse a chiave la porta ed uscì, lasciandomi solo in casa. Solo con i
miei pensieri. I capezzoli e tutto il busto mi facevano male, ma ero
consapevole di aver dato piacere alla mia padrona (o forse mi illudevo che così
fosse). Volevo approfittare per visitare la casa, ma non avevo la forza nemmeno
di alzarmi così rimasi disteso sul divano. In fondo avevo dormito tutta la
notte per terra.
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